Usurarietą dei Mutui - Chiarimenti Giurisprudenza
COME È NOTO, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n.350 del 9 gennaio 2013, pronuncia mediante la quale i giudici sancivano la necessità di tenere conto anche del tasso di interesse di mora onde verificare la legittimità del rapporto di mutuo ai sensi della legge antiusura n.108/1996 si è sviluppato, in Italia, un nuovo filone del contenzioso bancario, denominato “dei mutui usurai”. Una strumentale interpretazione della richiamata pronuncia ha favorito, difatti, l’istaurazione di centinaia di giudizi – presso i Tribunali dell’intera Penisola – volti ad ottenere la declaratoria di nullità della clausola disciplinante gli interessi convenuti nell’ambito del contratto di mutuo e, quindi, l’applicazione del precetto sanzionatorio disciplinato dall’art.1815 c.c., che secondo l’attuale formulazione prevede – in ipotesi di pattuizione di un tasso usuraio – la non debenza di alcun interesse. Giudici di primo grado, Corti di Appello ed Arbitro Bancario e Finanziario, hanno emesso decine di sentenze, ordinanze e decisioni volte a chiarire che ai fini della verifica del rispetto del limite usuraio non è possibile sommare, sic et sempliciter, il tasso corri- spettivo al tasso di mora, di fatto ridimensionando il nascente filone “dei mutui usurai”. Tuttavia, a distanza di oltre due anni dalla oramai famosa sentenza n.350/2013, la questione appare tutt’altro che risolta per effetto di alcune pronunzie che, discostandosi dall’orientamento che si era venuto a formare all’indomani della sentenza della Cassazione del gennaio 2013, impongono agli istituti di credito (e quindi ai propri legali ed ai propri consulenti tecnici) di non sottovalutare i rischi e le insidie di questo nuovo filone del contenzioso bancario. Il Tribunale di Parma, con ordinanza del 25 luglio 2014, ha stabilito che sebbene in linea di principio il tasso complessivo del rapporto di mutuo non possa essere determinato sommando il tasso corrispettivo con quello di mora, detta sommatoria assume valenza laddove il contratto preveda che gli interessi di mora siano dovuti dal mutuatario anche sugli interessi corrispettivi impagati (previsione, invero, prevista in tutti i contratti di mutuo, nei quali si legge, usualmente, che “su qualsiasi somma dovuta e non pagata decorreranno interessi di mora”). In senso conforme all’orientamento del tribunale parmense si pone la recentissima sentenza del Tribunale di Enna che, con dispositivo dello scorso 12 gennaio, ha accertato l’usurarietà di un rapporto di mutuo convenuto al tasso complessivo del 12,44%, saggio determinato sommando il tasso corrispettivo (5,22%) al tasso di mora (7,22% ottenuto maggiorando di due punti percentuali la misura degli interessi corrispettivi). Infine, grande rilievo assume la altrettanto recente ordinanza del 28 novembre 2014 del Tribunale di Pescara che – in composizione collegiale – ha dichiarato usuraio (pur senza accogliere il reclamo del mutuatario esecutato) un rapporto di mutuo per effetto dell’incidenza, sul TAEG contrattuale, della penale di estinzione anticipata (ovviamente mai corrisposta alla banca). L’orientamento del Tribunale di Pescara, laddove accolto da altra giurisprudenza, potrebbe alimentare il filone “dei mutui usurai”, con effetti certamente di grande portata per l’intero settore bancario italiano. Pertanto per accertare l’usurarietà o meno di un contratto di mutuo/finanziamento, non bisogna fare la sommatoria dei tassi, ma equiparare singolarmente il tasso mora al tasso soglia Usura (metodo applicato dallo Studio Giaccoli).
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