Derivati: Sentenza Trib. di Roma
Con la Sentenza n.7470 del 13 aprile 2016, pronunciata dal Tribunale di Roma, un cliente recupera Euro 335.000 a titolo di rimborso per le perdite subite a seguito dell'operatività in derivati intrattenuta con la propria banca, un importante istituto di credito nazionale.
Nello specifico l’azienda aveva sottoscritto un derivato di Euro 3.000.000 sottoscritto nel 2009.
Nonostante il derivato fosse stato presentato al cliente come un prodotto finanziario "semplice", con la sola finalità di copertura dal rischio di rialzo dei tassi, l'analisi elaborata ha da subito messo in luce evidenti criticità contrattuali e comportamenti illegittimi posti in essere dalla banca.
C’è stato dapprima un tentativo di negoziazione stragiudiziale, fallito per assenza di apertura alle trattative da parte dell'istituto, e cosi l’azienda, con il proprio legale ha notificato l'atto di citazione alla banca chiedendo la nullità del derivato stipulato e la conseguente restituzione di tutte le perdite subìte a causa di esso.
All'esito dell'istruttoria in giudizio, il tribunale romano ha accolto la domanda di nullità dello swap in relazione alla mancata previsione nello stesso della clausola di recesso anticipato di cui all'art. 30 del Testo Unico Finanziario (TUF). Questo in quanto sia il contratto quadro che la conferma del derivato sono stati firmati "fuori sede", vale a dire fuori dai locali della banca e, più precisamente, presso la sede dell’azienda.
Né il contratto quadro né la conferma contenevano infatti l'articolo che riconosce al cliente la possibilità di recedere anticipatamente dal contratto entro 7 giorni dalla sua firma, previsto ai sensi dell'art. 30 TUF. Tale facoltà deve essere obbligatoriamente riconosciuta in tutti i casi in cui a sottoscrivere un derivato sia un cliente al dettaglio, vale a dire un operatore non qualificato con conoscenza non professionale del settore.
Nel caso di specie, in assenza di tale previsione, il contratto derivato è stato dichiarato nullo e di conseguenza la banca è stata condannata a restituire al cliente tutte le perdite provocate dallo stesso fino alla sua naturale scadenza del 2014, complessivamente quantificate in Euro 311.024,91 oltre interessi legali.
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